Distinzione tra condizione potestativa e meramente potestativa con effetti per il registro
/ Anita MAURO
Distinguere tra condizione “potestativa” e “meramente potestativa” potrebbe apparire un vezzo da giuristi, ma, come dimostrato da una recente pronuncia della Cassazione (n. 14730/2025), la distinzione può configurare il discrimine tra l’applicazione dell’imposta di registro fissa (200 euro) ovvero dell’imposta proporzionale. La questione sorge dall’art. 27 del DPR 131/86, che disciplina gli atti soggetti a condizione. In linea di principio, tale norma stabilisce che gli “atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa”. Ciò significa che, in concreto, la condizione:
- non influisce sulla registrazione, che resta obbligatoria in termine fisso o in caso d’uso a seconda della tipologia di atto e della sua forma (ad esempio, una compravendita immobiliare condizionata va registrata entro il termine fisso di 30 giorni, mentre un finanziamento tra privati redatto per corrispondenza va registrato solo in caso d’uso);
- ma incide sulla misura dell’imposta che, per gli atti sospensivamente condizionati, alla registrazione deve essere versata in misura fissa di 200 euro. Quindi, ad esempio, se si considera una compravendita di terreni edificabili tra privati, soggetta in linea di principio all’imposta di registro del 9%, ove l’atto sia soggetto a condizione, alla registrazione (da effettuare nel termine fisso di 30 giorni dalla stipula) occorre corrispondere solo l’imposta di registro fissa di 200 euro, mentre il prelievo proporzionale è rimandato al momento successivo (ed eventuale, non trattandosi di un termine) dell’avveramento della condizione sospensiva. Infatti, l’art. 27 del DPR 131/86 chiarisce al comma 2 che, quando la condizione si verifica, “si riscuote la differenza tra l’imposta dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dell’atto e quella pagata in sede di registrazione”. In pratica, al momento dell’avveramento della condizione, è necessario pagare l’imposta dovuta per l’atto realizzato, deducendo l’imposta fissa versata in sede di prima registrazione. Queste sono le regole generali applicabili agli atti sospensivamente condizionati, ma l’art. 27 del DPR 131/86 delinea, poi, due deroghe, in base alle quali:
- gli atti soggetti a condizione “che ne fa dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente” scontano il registro come se la condizione non ci fosse;
- invece, gli atti sottoposti a condizione sospensiva che ne fa dipendere gli effetti dalla mera volontà del venditore sono soggetti all’imposta in misura fissa. Questa disposizione delinea, quindi, un regime specifico per gli atti soggetti a condizioni il cui avveramento sia affidato alla mera volontà dell’acquirente o del venditore (ovvero alla c.d. condizione meramente potestativa), ma gli effetti sono diversi se il soggetto al cui arbitrio è rimessa la realizzazione della condizione è l’acquirente o il venditore. Nel primo caso si paga l’imposta subito, come se la condizione non esistesse, mentre nel secondo caso si versa l’imposta fissa. Nell’ordinanza n. 14730/2025, la Cassazione applica questa disciplina a una sentenza che (ex art. 2932 c.c.) trasferiva la proprietà di un terreno, subordinatamente al pagamento del prezzo da parte del promissario acquirente. Per la Commissione tributaria, l’atto giudiziario andava assoggettato a imposta fissa, mentre l’Agenzia richiedeva l’imposta proporzionale. Nell’accogliere il ricorso delle Entrate, la Suprema Corte condivide la qualificazione della condizione sospensiva avente a oggetto il pagamento del prezzo quale “meramente potestativa” e, quindi, irrilevante ai fini fiscali ex art. 27 comma 3 del DPR 131/86. La Corte rileva che, secondo una prima tesi, la distinzione tra condizione “potestativa” e “meramente potestativa” risiede “nell’indifferenza o meno per il soggetto tra il compiere o non compiere l’atto” da cui dipende l’avveramento della condizione, “ovvero sulla serietà dei motivi che possono giustificare la scelta della parte” (Cass. n. 9097/2012). Secondo una diversa impostazione, invece, la distinzione si pone, piuttosto, sul piano degli interessi coinvolti (Cass. n. 11774/2007): la condizione è meramente potestativa quando la valutazione involge gli stessi interessi che attengono alla causa del contratto, mentre è “potestativa semplice quando la valutazione discrezionale della parte si svolge su un piano di interessi esterni” a quello proprio del regolamento negoziale. In pratica, la condizione è meramente potestativa quando una parte, nello scegliere se avverare o meno la condizione, “può decidere direttamente in ordine alla sorte del contratto”. Aderendo a quest’ultima impostazione, la pronuncia n. 14730/2025 afferma che, quando l’efficacia dell’atto in sé è subordinata alla manifestazione della volontà della parte acquirente, la condizione è meramente potestativa e, quindi, va considerata come non apposta ai fini fiscali; ciò accadeva nel caso di specie, a opera della c.d. “condizione di adempimento”, apposta alla sentenza ex 2932 c.c. come condizione all’efficacia del trasferimento. La sentenza doveva quindi scontare il registro proporzionale, a nulla rilevando il fatto successivo dell’intervenuta risoluzione dell’operazione negoziale sottostante.